Il nostro portale ItaliaPokerClub sta per intraprendere una delle avventure più entusiasmanti per chi si occupa di poker. L'apice di tutti i tornei, il sogno di tutti i giocatori, la storia che diventa presente con il ripetersi ogni anno delle World Series Of Poker. Ovvero il centro dell'universo del poker giocato (e narrato).
Conosco chi farebbe a gara per andare anche solo a vedere da lontano per qualche minuto un evento del genere. E ovviamente conosco anche chi tra i nostri inviati è stato scelto per raccontare a chi resterà a casa, le emozioni che si susseguiranno durante questo mese e oltre.
Per chi lavora in questo settore, per chi ne ha fatto ormai una professione fissa e si "sbatte" tutto l'anno nel raccontare gli eventi nostrani, è un premio e un fiore all'occhiello da portare non solo come esperienza personale ma anche come dote nella sua futura crescita personale.
Voglio raccontarvi perchè io non sarò tra questi. E lo faccio più che altro per cercare di capire le motivazioni che mi hanno spinto a declinare l'offerta, nonostante come detto, ne senta il forte richiamo professionale.
Intanto non vorrei pensaste che andare a Las Vegas oggi, per un portale che si occupa di poker sia scontato. Tanto quanto la televisione ai mondiali di calcio. In realtà come qualcuno si è già accorto, da qualche tempo non si seguono più nemmeno i tornei in giro per l'Europa, vedi per esempio i vari EPT che pure riscuotono grande successo di pubblico.
Il problema non è certo la volontà, nè tantomeno il poco interesse nel seguirli da vicino quando semmai i costi che si celano dietro una trasferta di questo tipo. E se per ogni portale diventa troppo oneroso girare per l'Europa con i suoi inviati, immaginate quanto può esserlo spostarsi verso Las Vegas. E per un tempo decisamente più lungo.
Quindi prima di tutto diciamolo chiaramente, senza l'aiuto di un buono sponsor non si va più da nessuna parte fuori dai nostri confini. (alias grazie a SISAL che ha potuto permettere tutto questo per la gioia nostra e speriamo anche di chi seguirà i nostri esclusivi contenuti che a differenza di tanti altri che seguiranno da casa, saranno fatti sul posto, tastando il polso della situazione in presa diretta).
Tornando a me, pensate forse che non abbia voglia di vedere la capitale del gioco?
In realtà è almeno un decennio che penso in maniera totalmente "decadente" di emulare le gesta di Nicolas Cage nella città del peccato, più ancora che quelle di Doyle Brunson. Quindi perdonatemi se penso che oltre al poker, abbia almeno altri cento miliardi di motivi più profondi per visitare un tempio per cinema, narrativa e storia della mia cultura più "beat".
Quando ho ricevuto la telefonata del nostro direttore che mi diceva "Fava c'è da andare a Las Vegas per seguire le WSOP, sei disponibile?", ho subito detto "Eh, certo che sono disponibile!". Non vedevo l'ora di buttarmi nella mischia, potendo magari (e finalmente) raccontare il torneo più importante del mondo come non l'aveva mai fatto nessuno. Poter far rivivere le gesta dei nostri "eroi" di carta (o delle carte...) nella maniera più originale possibile, poter aggiungere quel pizzico di poesia che solo una mente malata di sogni (e di vecchi fottuti racconti) come la mia può vedere nella città dove ci sono più troie e casinò che alberi.
Così prendo subito la macchina (quella della mia fidanzata a dire il vero perchè io non possiedo un'auto, voglio poter bere liberamente i soldi dell'assicurazione e della benzina), e mi fiondo al comune per avere notizie sul mio passaporto. Non è nemmeno scaduto, devo solo fare i vari permessi per gli USA e sono a posto.
La sera mi metto nel letto e comincio a fantasticare sulle mille possibili facce di LV, la vedo nella mia mente dall'alto prendendola prima tutta insieme e poi smontandola pezzo per pezzo ricorrendo alle scene dei film che la ritraevano. La guardo come si guarda la lontano un palazzo per poi coglierne con calma ogni mattone.
E sento il cuore che comincia a pulsare all'impazzata. E non di gioia. Sono le tante paure che mi porto dietro che tornano a galla, svegliate d'improvviso come una campanella di fine scuola. Mi ero quasi dimenticato della mia paura di volare.
Ecco, io so che a questo punto, dopo avervi introdotti con pathos a questa vicenda, a questo punto dicevo molti di voi avranno chiuso il libro delle mie parole. Probabilmente liquidando tutto come "Ma che cazzo, ci aspettavamo qualcosa di più. Hai solo la solita cazzo di paura del volo!".
E io mica vi ho detto che sono speciale. Sono speciali solo per me le mie paure. E risulta dannatamente difficile farle capire agli altri. Soprattutto a chi non le ha mai provate. E' come spiegare ad alcuni amici emiliani che si sono trovati vicini all'epicentro dell'ultimo terremoto, che oggi restare con i figli in macchina quando la tua casa non è danneggiata solo perchè hai paura che possa arrivarne un altro è pura follia. Io lo SO che rischio di più a passeggiare a piedi ubriaco per il centro di Bologna alle quattro di notte che non a chiudermi in un cilindro a 10 mila metri di altezza.
Intendiamoci, io prendo quattro o cinque aerei all'anno, cerco di non farmi mai condizionare dalle fobie (anche se sarei un caso da Dr.House su questo). E' vero che generalmente sono in compagnia, è vero che di solito sono tragitti di massimo quattro ore. E' vero che in molti di questi viaggi non ho fatto altro che sopire il tutto con una pastiglia di Xanax che risolve tutto per un certo lasso di tempo. Ma cerco di andare oltre.
Questa volta invece non ce l'ho fatta. Sto ancora cercando di capire i motivi per cui dopo quella telefonata, non sono più riuscito a vivere serenamente questa proposta. Cominciando a crearmi immagini virtuali di me chiuso dentro l'aereo più vicino allo spazio che non a casa mia, di me che perdeva i sensi a metà dell'oceano atlantico, di me che batteva i pugni contro l'uscita di emergenza mentre il poliziotto di bordo mi sparava con il teaser.
Insomma per farla breve decido di rinunciare. Decido questa volta di dar retta alle mie paure abbandonando il viaggo, una grande e nuova esperienza, una possibile crescita professionale.
La lotta contro le proprie paure non è una battaglia da vincere. E' una lunga guerra che dura tutta una vita. Gli concedo questa breve vittoria, mi abbandono un attimo a crogiolarmi nel piacere masochista della sconfitta. Come quando respiro adagio nel letto al mattino dopo una sbronza. Nel momento che è stato definito "Il momento dell'inutile pentimento".
Per tutta risposta la mia fidanzata ha prenotato un bel volo Bologna-Marsa Alam questa estate. La guerra non è ancora finita. Venite paure mie, siamo al secondo round di questa tappa delle World Series of Fear! (male che vada...c'è lo xanax...)