Non posso esimermi dal leggere libri. E' come andare in un cinema a schermo infinito senza mai nessuno che ti mangia i popcorn e parla continuamente al tuo fianco. E' come prendere un aero senza più paura dell'altezza o della claustrofobia di quella scatola di sardine metallica.
Ogni libro che ho letto in fondo, è stato un piacevole viaggio di emozioni. Ma ovviamente alcuni più di altri ti segnano, ti accrescono, ti coinvolgono, ti condannano. E stanotte, una di quelle ennesime dove di prendere sonno proprio non se ne parla, ne riprendo in mano uno per cui tutte le parole usate prima sono particolarmente vere.
Ricordo che la prima volta che lo lessi, ero in terza superiore, in un istituto tecnico dove mediamente la gente pensava più a smanettare nei vari laboratori (informatici, elettronici e meccanici) che non a leggere libri, per di più nemmeno presenti nel programma (misero e antico) di Italiano scolastico.
Ed è stato in uno di quei giorni di scuola, di NON scuola per la verità, che conobbi Charles Bukowski. Oddio, non di persona è vero, ma di sicuro da quel momento abbiamo parlato tanto eccome. E' stato uno dei miei "maestri" adolescenziali, un "cattivo" maestro se volete. Ma pur sempre mi ha insegnato un modo tutto nuovo per osservare le cose che accadevano intorno (e dentro) me.
In ogni caso avevo deciso per l'ennesima volta che la classe poteva fare a meno di me per quel giorno (ed era dannatamente vero), ma io non potevo fare a meno di tornare in biblioteca per finire di leggere quel libro iniziato il giorno prima (ok, anche il giorno prima avevano fatto a meno di me...). Si intitolava "PANINO AL PROSCIUTTO" di Charles Bukowski appunto, letto d'un fiato in quei due giorni di "fuga" scolastica alternando momenti seduto in biblioteca, ad altri seduto nel bagno della biblioteca (unico luogo in cui poter fumare e bere birra continuando a leggere).
"Panino al Prosciutto" è la genesi di Bukowski, è l'idea da cui è nato tutto, un romanzo assolutamente biografico con uno stile unico, il suo. E' il racconto della sua infanzia e della sua adolescenza, con tutta l'ironia ed l'apparente cinismo che contraddistingue tutti i suoi momenti più drammatici.
Anche oggi, non appena ho iniziato a rileggerlo, mi sono richiuso in bagno con una sigaretta in bocca ed una birra aperta. Certo non è più quello della biblioteca, certo il sapore del tabacco e quello del luppolo non sono più quelli di una volta. Nemmeno io sono più quello di una volta.
Ma quel libro, rivive esattamente come allora.
Riparte l'avventura, ricomincia lo spettacolo, incomincia il film. Apro le pagine e tutto torna a scorrere, sempre come allora, sempre diverso. Le stesse parole viste con nuovi occhi hanno lo stesso significato?
"...Non avevo interessi. Non riuscivo ad interessarmi a niente. Non avevo idea di come sarei riuscito a cavarmela, nella vita. Agli altri, almeno, la vita piaceva. Sembravano capire qualcosa che io non capivo. Forse ero un po' indietro. Era possibile. Mi capitava spesso di sentirmi inferiore. Volevo solo andarmene. Ma non c'era nessun posto dove andare. Il suicidio? Gesù Cristo un'altra faticata. Avevo voglia di dormire per cinque anni di fila, ma non me lo permettevano...Tutti sapevano qualcosa che io non sapevo..."
[cit. da "Panino al Prosciutto" di Charles Bukowski]